Le malattie vascolari periferiche: quando sono coinvolte le arterie degli arti inferiori
Le malattie vascolari prevedono una progressione del quadro clinico tanto quanto l’ostruzione delle coronarie può peggiorare la sintomatologia anginosa
Come nelle arterie coronariche, le malattie vascolari possono interessare anche le arterie della periferia del corpo, soprattutto quelle degli arti inferiori. Questi distretti possono risultare tanto più compromessi quanto maggiore è il numero di comorbilità presenti, esattamente come per il cuore.
In base al distretto arterioso in cui si sarà verificata l’ostruzione arteriosa, si potrà quindi lamentare dolore ai polpacci o alle cosce o ai glutei, inizialmente dopo lunghe passeggiate. Col tempo, i dolori potrebbero peggiorare e potranno insorgere percorrendo distanze sempre più brevi; si considera un limite significativo la soglia di 200 metri in pianura: quando il dolore insorge percorrendo distanze minori, vi è solitamente l’indicazione ad intervenire. Generalmente per dissimulare il dolore, i pazienti si fermano fingendo interesse davanti ai negozi, Si spiega così l’origine della definizione di “malattia delle vetrine” attribuita all’arteriopatia ostruttiva periferica.
Il quadro potrà però ulteriormente peggiorare: in casi estremi, quando l’ostruzione è particolarmente severa, si potrà lamentare dolore anche a riposo.
Gli esami per individuare queste problematiche iniziano con l’ispezione degli arti, la verifica della loro colorazione, temperatura e presenza dei polsi arteriosi nei punti di repere. Un indicatore semplice ed efficace per definire la gravità della malattia è l’indice “braccio-caviglia” o ABI (ankle-brachial index). Questo indice misura il rapporto tra la pressione misurata all’arto superiore ed alla caviglia.
Questo rapporto è considerabile nella norma tra 0.9 e 1.3, valori inferiori decrescono tanto più quanto più severa è la malattia delle arterie, mentre valori superiori rendono inattendibile la misurazione, generalmente a causa di arterie periferiche estremamente calcifiche. Altre indagini alle quali ci si può sottoporre sono l’indagine ECO Doppler ed Eco Color Doppler. Un ulteriore livello di accuratezza diagnostica è offerto dalla angio TAC.
Come si definisce la gravità delle malattie vascolari?
Esistono due scale di classificazione della vasculopatia periferica (internazionalmente riconosciute) che esprimono attraverso una numerazione progressiva la gravità crescente delle malattie vascolari.
FONTAINE | |
Stadio | Clinica |
I | Asintomatico |
IIa | Claudicatio lieve |
IIB | Claudicatio moderat-severa |
III | Dolore Ischemico a riposo |
IV | Ulcere o gangrene |
RUTHERFORD | ||
Grado | Categoria | Clinica |
0 | 0 | Asintomatico |
I | 1 | Claudicatio lieve |
I | 2 | Claudic. Moder. |
I | 3 | Claudic. severa |
II | 4 | Dolore isch a rip |
III | 5 | Perditatissutaleminore |
IV | 6 | Ulcera/Gangrena |
Come si trattano le vasculopatie periferiche?
Nelle fasi iniziali della malattia si devono correggere – ove presenti – i fattori di rischio, soprattutto fumo e diabete. La terapia antiaggregante e ipocolesterolemizzante è il trattamento farmacologico generalmente utilizzato se persiste sintomatologia. Ultimamente anche il Cilostazolo ha trovato una sua collocazione nella terapia della vasculopatia periferica, anche se, la terapia più efficace, rimane comunque la camminata: quanto più si cerca di camminare tanto meglio si adatta il circolo vascolare alle maggiori richieste di Ossigeno dei muscoli durante movimento.
Quando la terapia farmacologica e conservativa non è più sufficiente, e soprattutto quando l’intervallo di strada percorribile non raggiunge i 200 metri, si procede con gli interventi di rivascolarizzazione. Con angioplastica o bypass, si ripristina il flusso alle estremità degli arti e così si risolvono i sintomi, migliorando significativamente la qualità di vita e l’autonomia di marcia senza dolore. Al contrario, mancati trattamenti possono col tempo provocare una tale compromissione degli arti che richiederanno l’amputazione come unica soluzione terapeutica: è stato dimostrato che dopo l’amputazione si determina una riduzione della sopravvivenza, con un quadro tanto più grave quanto più estesa è la porzione di arto amputato.
Malattie vascolari: ictus cerebrale
Merita una discussione a sé la malattia a carico dei carotici. In caso di ostruzione di queste arterie si verifica una condizione concettualmente simile a quella dell’infarto miocardico: si tratta dell’ictus ischemico, provocato dall’ occlusione acuta di una delle arterie carotidee che portano il sangue al cervello. Anche in questo caso è possibile provare a disostruire meccanicamente l’arteria occlusa o, più spesso, a somministrare farmaci in grado di sciogliere il trombo.
Quando invece l’ictus è emorragico, vuol dire che generalmente ad essersi rotto è un vaso che perfonde il cervello. Solitamente il vaso in questione è dilatato (aneurismatico) e spesso per rialzi di pressione si lesiona. In questo caso l’evoluzione è più complessa: il paziente può essere trattato, quando possibile, mediante esclusione endovascolare dell’aneurisma rotto o mediante intervento neurochirurgico.
Ostruzioni non complete delle carotidi possono provocare ischemie generalmente di minor severità, e possono essere trattate con interventi programmati, sia con angioplastica che chirurgicamente, in base alle caratteristiche anatomiche delle lesioni.