TAVI: La procedura di correzione della valvola aortica per via percutanea
TAVI è l’acronimo inglese di Transcatheter Aortic Valve Implantation. La sigla è ormai entrata nel linguaggio corrente per indicare le procedure di correzione della valvola aortica per via percutanea.
La TAVI è impiegata per il trattamento in pazienti con protesi biologiche in decadimento funzionale
Utilizzata inizialmente per trattare solo valvole native degenerate, col tempo la TAVI si è anche impiegata per il trattamento in pazienti (generalmente ultrasettantenni o con importanti comorbilità) con protesi biologiche in decadimento funzionale.
Tale tecnica era originariamente nata per offrire una possibilità di trattamento a pazienti estremamente defedati o in condizioni critiche tali da non esser considerati idonei ad un trattamento di cardiochirurgia tradizionale. I primi interventi, oltre a risultare efficaci e con bassi indici di mortalità, consentirono inattesi miglioramenti clinici.
La tecnica, in estrema sintesi, consiste nel risalire da un accesso arterioso, generalmente a livello inguinale, dove è presente l’arteria femorale, fino al cuore. Ivi giunti, si attraversa la valvola aortica con delle guide particolari che fungono come da binario, sul quale si fa avanzare e si posiziona la nuova valvola. Questa, montata su una sorta di impalcatura metallica che, schiacciando contro la parete aortica la valvola nativa, malata, la sostituirà a tutti gli effetti non appena rilasciata in tale sede.
La nuova valvola funziona sin dal primo battito ed è possibile verificarne immediatamente il corretto funzionamento.
Cosa fare prima dell’intervento?
Prima dell’intervento sono necessari alcuni esami. In particolare, Ecocardiogramma, TAC e Coronarografia, che consentono di ottenere tutte le informazioni necessarie a eseguire l’intervento nel massimo della precisione e della sicurezza.
Così, con l’ecocardiogramma si verifica, oltre alla gravità della stenosi valvolare aortica, la condizione degli altri apparati valvolari e la situazione di efficienza o indebolimento delle camere ventricolari. Con la TAC si esamina tutto il letto arterioso che sarà percorso dall’inguine al cuore, per poter verificare che i diametri degli accessi siano adeguati al passaggio del dispositivo, che non ci siano ostruzioni o eccessive calcificazioni o apposizioni trombotiche che potrebbero complicare l’avanzamento della valvola o produrre complicanze emboliche.
La coronarografia consente infine di verificare- e nel caso correggere con l’angioplastica- la presenza di eventuali ostruzioni coronariche.
Se gli accessi inguinali non risultassero favorevoli, esisterebbero alternative più complesse ma ugualmente valide e utilizzate, attraverso arterie delle spalle (succlavie), del collo (carotidi) o direttamente vicino al cuore (approccio transaortico). Infine, è possibile attraverso una grande vena dell’addome che scorre parallela all’aorta (cava inferiore), entrare in aorta addominale mediante puntura dei due vasi tra loro adiacenti. Proseguire poi come se si fosse arrivati dall’inguine (approccio transcavale). Quest’ultima è però decisamente una tecnica più complessa e pericolosa, scelta quindi quando tutte le precedenti opzioni non sono percorribili.
La TAC serve a decidere le dimensioni della protesi da impiantare. Serve a escludere la presenza di possibili patologie neoplastiche ancora silenti
La TAC serve anche a decidere le dimensioni della protesi da impiantare. E visualizzando in dettaglio torace e addome, serve a escludere la presenza in tali sedi di possibili patologie neoplastiche ancora silenti, che avrebbero potuto svilupparsi in seguito, con possibili esiti drammatici.
L’intervento tradizionale, con accesso inguinale, è eseguito o con la sola anestesia locale o con un po’ di sedazione. Generalmente non è necessario intubare il paziente, spesso indirizzato a questo intervento per gravi problematiche respiratorie, per le quali evitare tale assistenza sarebbe estremamente utile per garantire la completa e rapida bontà finale dell’intervento.
Con la TAVI quindi, non si deve aprire il torace né serve l’ausilio della circolazione extracorporea. Necessari invece per l’intervento cardiochirurgico tradizionale. Ciò consente di avere dei tempi di recupero decisamente rapidi e minori problematiche (respiratorie, meccaniche ed emorragiche) potenzialmente prevedibili in caso di apertura del torace.
I risultati della TAVI sono stati talmente favorevoli che progressivamente si è allargata l’indicazione per tale intervento
Eseguita per la prima volta nel 2002, si stima che negli ultimi 15 anni ne siano state eseguite oltre 350.000 in 70 paesi. Ciò non può che indicare la bontà del progetto.
A Rapallo abbiamo trattato il primo paziente in Liguria con questa tecnica nel 2008. Da oltre 10 anni eseguiamo questo intervento con soddisfazione ed efficacia.
In casi particolarmente compromessi, in cui si ritiene che il paziente abbia poche possibilità di trarre beneficio da questa metodica, ma in cui si vuol comunque verificare l’eventuale risposta clinica ad una condizione di minor affaticamento derivante dalla stenosi valvolare, si esegue ancora oggi la Valvuloplastica. Questa è una procedura di dilatazione delle cuspidi aortiche con un solo pallone. In passato era l’unica opportunità di trattamento. Ora è talvolta abbinata alla TAVI, prima o dopo l’impianto della protesi, per consentire, ove necessario, la migliore dilatazione della nuova valvola.